Progetto Einaudi-Albertini per l\'indipendenza dei media

giornali 5' di lettura 17/03/2009 - \"L’indipendenza dei mezzi di comunicazione in Italia\": è questo il tema del convegno, che avvia il progetto Einaudi-Albertini, organizzato dall’Istituto per la formazione al Giornalismo e dall’Università di Urbino. Si svolgerà il 16 e 17 marzo nella città ducale. Riccardo Sabbatini, giornalista al Sole 24 Ore, ha moderato il dibattito \"Come salvare il giornalismo\" nell\'ambito della prima giornata di incontri.


\"La crisi del giornalismo - afferma Sabbatini - nasce dalle nuove tecnologie e dalla crisi economica: dobbiamo esplorare nuove forme di essere giornalisti, perchè il nostro non è un mestiere solo artigianale come abbiamo ritenuto fino ad ora\". Sabbatini ha aggiunto: \"Dobbiamo fare una sana autocritica: il problema principale è che i media italiani, a differenza di quelli stranieri, non hanno un editore puro. Paradossalmente, ai tempi di Albertini i giornalisti avevano maggiore indipendenza perchè avevano il coraggio di attaccarsi a determinati interessi e li difendevano strenuamente. Oggi i media riusciranno a fare la stessa cosa?\".


Roberto Seghetti, di Panorama, ha spiegato: \"Ho tentato di progettare uno statuto dell\'impresa giornalistica che istituisca la divisione societaria: informazione da una parte e proprietà dall\'altra. Forse questa non sarebbe la soluzione finale, ma avere una maggiore separazione nei giornali aiuterebbe moltissimo\".


Maurizio Blasi, giornalista al tg3 Marche e sindacalista dell\'Usigrai, ha attaccato la legge Gasparri: \" Non c\'è libertà senza libertà dalle risorse economiche; in Italia la libertà non esiste perchè non c\'è una legislazione antitrust. La Gasparri è stata fatta apposta per portare tutta la pubblicità da una parte sola, dove sta il potere politico. Dal 2011 gli editori di televisioni con questa legge potranno diventare editori di giornali; non vorrei che qualcuno possa tentare scalate\".


\"Servono soldi, pane e libertà: non si strangola il diritto di pubblicare le notizie e soprattutto di pubblicare le intercettazioni, senza le quali inchieste come quella del Watergate non ci sarebbero mai state\". Blasi ha poi messo sotto accusa la scelta delle notizie nei quotidiani: \"Per giorni nei giornali non si è parlato altro che del romeno con la faccia da pugile, nascondendo le vere notizie come la crisi atroce che taglia i posti di lavoro e colpisce la gente normale. Oggi l\'editoria è più avvezza allo scambio con il mondo della politica e cresce il rischio della gerontocrazia e di un impostazione corporativa\".


Riguardo ai giornalisti del futuro, Blasi sostiene: \"E\' fondamentale il tema degli accessi alla professione, mi piacerebbe poter scommettere su un giornalismo salvato dai ragazzi, che possono contare su due armi fondamentali: la capacità creativa e innovativa e il tempo. Non sprecatelo\".


Enzo Marzo, cronista del Corriere della Sera, ha affermato: \"Oggi il prodotto giornalistico informativo dal punto di vista tecnico, fa schifo, è da vergogna: non esistono più le opinioni nei giornali. Si sono mai letti editoriali contro il lodo Alfano sulle intercettazioni telefoniche? Altro esempio: quando c\'è stata la condanna di Mills i giornali italiani non ne hanno parlato. La verità è che noi giornalisti siamo servi, o meglio, siamo impiegati perché abbiamo un padrone a cui obbedire. Eppure, Il lettore ha diritto ad essere informato\".


Marzo è intervenuto sull\'assetto dello Stato moderno: \"I poteri dello Stato si sono trasformati. Non ci sono più quelli classici, sostituiti dal potere politico, economico e mediatico: questi tre poteri sono oggi strettamente intrecciati. Ad esempio, il potere economico entra strutturalmente nel potere politico; per noi liberali è fondamentale che restino separati: si potrebbe guardare al modello della public company non scalabile\". Per Marzo lo Stato \"si deve fare garante della libertà di informazione. Deve cioè garantire il diritto ad essere informati, che è un interesse pubblico, esattamente come il diritto ad essere curati. Servono vere forme di garanzia\".


\"L\'indipendenza del giornalismo è sacra non meno di quella della magistratura\", ha commentato Vincenzo Ferrari, direttore della rivista Sociologia del diritto. Ferrari è intervenuto anche sul taglio del governo ai fondi per la ricerca: \"Nei giorni successivi il Giornale ha riempito tre pagine con cose inimmaginabili: è stata una campagna diffamatoria perchè siamo stati presentati come una specie di nababbi. In realtà il nostro stipendio è inferiore a quello di un dirigente statale. Quanto alle terapie per salvare il giornalismo Ferrari è pessimista: \"Non aspettatevi riforme legislative, la reazione deve venire invece dall\'interno\".


Salvatore Bragantini, del Corriere della Sera, ha dichiarato: \"Il potere politico da Mussolini ad oggi, ha sempre trattato con la mafia e i giornali italiani hanno trattato queste vicende di collusione in maniera ambigua. Oggi i cosiddetti poteri forti in realtà sono deboli: il potere politico sovrasta quello economico e anche i giornali sono lì con il cappello in mano ad aspettare un aiuto dal potere politico. La Fiat fa pubblicità sui giornali perchè aspetta un aiuto dal governo. Non è più vero che il giornale fatto bene attira la pubblicità. Il fatto che esista da molti anni una posizione dominante nel campo della pubblicità televisiva non è stato neppure visto dall\'autorità di controllo\".


Bragantini cita come esempio la condanna di Cesare Previti. \"Quella sera il telegiornale non ne spiegò il significato ma fece solo vedere immagini di rissa in parlamento, reazioni di governo e opposizione. Risultato? Chi ha guardato il Tg1 non ha capito niente. Questo è il modo in cui le cose vengono fatte\". Secondo Bragantini, rimedi giuridici non se ne vedono ma \"speriamo che passi la nottata\".






Questo è un comunicato stampa pubblicato il 17-03-2009 alle 15:57 sul giornale del 17 marzo 2009 - 761 letture

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