Cacciatori e cinghiali, le due facce dello stesso problema

cinghiale 7' di lettura 27/10/2017 - Dal resoconto pubblicato su Il Resto del Carlino di Pesaro e Urbino e relativo all’assemblea del Comitato provinciale dei cinghialai, emerge un quadro scandaloso ed avvilente del rapporto esistente tra politica e mondo venatorio. All’incontro hanno partecipato l’assessore regionale alla caccia Pieroni, i consiglieri regionali Traversini e Talè (entrambi PD), il presidente della Provincia Tagliolini, ed i sindaci di Fermignano e Urbino, Feduzi e Gambini.

Una rappresentanza politica ai massimi livelli quindi, che ha scelto di “onorare” la categoria dei cacciatori, per parlare del “problema” dei cinghiali, snobbando e disertando invece quella degli ambientalisti, che solo pochi giorni prima li aveva invitati all’incontro con l’autorevole e stimato meteorologo e climatologo Luca Mercalli, per parlare di un problema ben più serio ed importante e di livello planetario, come quello dei cambiamenti climatici. Il nostro commento potrebbe anche terminare qui, perché ad un lettore medio basterebbe solo questo per comprendere il bassissimo livello della classe politica che ci rappresenta e che pretende di sapere amministrare la società in cui viviamo. Ma siccome vogliamo capire il “senso” di certe scelte, andiamo ad analizzare di cosa si è parlato in questo incontro e soprattutto cosa hanno chiesto ed ottenuto i cinghialai dai nostri politici.

I cacciatori hanno chiesto sostanzialmente 3 cose: posticipare l’inizio delle braccate al cinghiale al 1 novembre, in modo da poter cacciare fino alla fine di gennaio, mese generalmente poco proficuo in termini venatori. Poi, sostanzialmente, hanno chiesto di essere lasciati liberi dai controlli delle guardie provinciali, di non essere obbligati a rendere conto degli spostamenti con i loro fuoristrada sul territorio e di quello che stanno facendo durante le battute di caccia. Dulcis in fundo, hanno chiesto ai politici presenti lo stop a qualsiasi altro progetto di nuove aree protette nella Provincia di PU, con un chiaro riferimento alla proposta di creazione del Parco nazionale del Catria, Nerone ed Alpe della Luna.

A queste richieste, i nostri politici hanno ovviamente ubbidito come scolaretti. Poi non poteva certo mancare un riferimento al lupo, colpevole, secondo i cacciatori, di spingere i cinghiali dalle montagne verso i centri abitati, con tutti i problemi conseguenti alla distruzione dei raccolti e agli incidenti stradali. A conclusione di tutto ciò, i cinghialai si sono quindi assunti la grande “responsabilità” di contenere il numero degli ungulati sul territorio, assurgendo a paladini difensori della Patria e di un territorio che rischia di essere abbandonato e ricevendo per questo tutti gli onori e gli elogi dai politici presenti. Descritto così, sembrerebbe un “quadretto” idilliaco e perfetto, la classica “quadratura del cerchio” per risolvere il “problema” cinghiali sul nostro territorio. Peccato però che la realtà dei fatti sia ben diversa e ci dimostri che, malgrado siano sempre più cacciati ed uccisi, i cinghiali continuano ogni anno ad aumentare ed a fare danni. Infatti, appositi studi scientifici effettuati da ricercatori di tutta Europa ci spiegano come mai la popolazione di cinghiale sia cresciuta in termini esponenziali, nonostante la forte pressione venatoria esercitata e le diverse metodiche di caccia messe in atto. I motivi di questa crescita esponenziale sono da ricercare in fattori biologici, legati all’elevato tasso riproduttivo della sottospecie, che, è bene ricordarlo, è stata introdotta in Italia per scopi venatori dall’Europa dell’Est, al basso tasso numerico di predatori specializzati (lupo), al rimboschimento di territori, a inverni miti, ma anche a fattori di origine antropica, come ad esempio l’alimentazione supplementare, la re-introduzione (illegale) della specie a scopi venatori e, non ultima, la stessa attività venatoria. La mortalità naturale, infatti, data da fattori climatici, patologie e predatori (in particolar modo dal Lupo), incide maggiormente sulle classi giovanili, mantenendo una struttura della popolazione più stabile, ed una minore dispersione di soggetti nel territorio. Per contro, l’attività venatoria, agisce principalmente sulle classi adulte, innescando delle risposte compensative nella popolazione di cinghiale. Ne consegue quindi una destrutturazione della popolazione, che comporta un maggior tasso riproduttivo, una riproduzione precoce nelle femmine, ed un maggior tasso di dispersione dei soggetti giovani (quelli che contribuiscono maggiormente a creare danni alle attività agricole). È emerso infatti che il tasso di accrescimento medio della popolazione di cinghiali in Europa a partire dai primi anni ’80 è quasi sempre stato superiore a 1, con picchi fino a 1,46. Tale aspetto è implicabile soprattutto alla precocità riproduttiva delle femmine giovani, che in una popolazione destrutturata possono essere fertili anche ad età inferiori all’anno.

La conclusione che si può trarre è che si è assistito ad una crescita esponenziale del numero di cinghiali a fronte di una diminuzione del numero di cacciatori e, quindi, che l’attività venatoria non solo non ha assolutamente impedito la crescita della popolazione di cinghiali, ma anzi ne è stata direttamente il fattore scatenante e contribuirà negli anni a venire a generare ulteriori situazioni di conflitto tra uomo e fauna selvatica! Quindi e ci rivolgiamo ai nostri politici e amministratori, in base a questi dati inoppugnabili, è evidente che il “problema” dei cinghiali non potrà mai essere risolto dai cacciatori, anche perché essi dalla vendita dei numerosi capi uccisi traggono un’importante integrazione al proprio reddito e quindi, nel loro egoistico interesse, faranno in modo che questa specie non venga mai sradicata da quei territori, da loro considerati come autentici “serbatoi” di selvaggina!

Come si può, dunque, realmente credere che una specie considerata dannosa venga tenuta “sotto controllo” da chi dalla sua caccia ne ricava un guadagno economico? Ricordiamo ai nostri politici che in II Commissione consiliare giacciono diverse Proposte di Legge per cercare di risolvere il problema dei cinghiali. Come la PDL n. 139/17 del consigliere Fabbri (M5S) che propone di togliere la “gestione” ai cacciatori, ed utilizzare per le catture i chiusini (trappole), dando questi strumenti in conduzione direttamente agli agricoltori, che quindi dalla vendita degli animali ricaverebbero poi quelle somme necessarie quale risarcimento dei danni subiti alle loro coltivazioni! O come la PDL n. 111/17 del consigliere Busilacchi (MDP), che invece propone la sterilizzazione dei cinghiali mediante un vaccino che è stato sperimentato, ottenendo buoni risultati, dalla ricercatrice italiana Giovanna Massei che lavora in Inghilterra.

Le proposte alternative agli abbattimenti dei cacciatori esistono quindi e varrebbe la pena di provarle, ma per il terrore che funzionino e decretino quindi la fine della caccia nelle Marche e in Italia, l’assessore Pieroni e la maggioranza in Regione a guida Partito Democratico, si sono ben guardati dal discuterle o di portarle in aula per farle votare, dimostrando ciò che noi ambientalisti sosteniamo da sempre e cioè che la classe politica regionale, ed in particolare il PD, ha chiaramente stretto un patto con le associazioni venatorie, in cambio del loro consenso elettorale. Una scelta peraltro miope, visto che il numero dei cacciatori nelle Marche si è ormai ridotto a 20.000 unità e non è in grado quindi più di incidere su un elettorato sempre più ostile e schifato da questa pratica sanguinaria ed anacronistica. Una pratica che finora in questa stagione venatoria (e non siamo neppure a metà del suo percorso), ha già causato una quindicina di morti e decine di feriti tra i cacciatori, ma anche tra ignari fungaioli, escursionisti, ciclisti ecc..., soprattutto nel corso delle famigerate braccate al cinghiale, che sono di gran lunga la tipologia di caccia più pericolosa ed invasiva, specie per chi abita in campagna o nelle periferie delle nostre cittadine. A questo proposito, il consigliere regionale Bisonni (Misto) ha depositato in II Commissione la PDL n. 113/17 che propone di raddoppiare le distanze di sicurezza per l’esercizio della caccia dagli edifici adibiti ad abitazione o a luogo di lavoro, ma ovviamente anche questa ragionevole proposta non è stata neppure discussa in commissione e l’assessore alla caccia Pieroni ha già dichiarato che non approderà mai in aula, anche perché, se fosse approvata, data la capillarità urbana rurale marchigiana, sancirebbe di fatto la fine della caccia nelle Marche…


   

da L.A.C. Marche - La Lupus in Fabula





Questo è un comunicato stampa pubblicato il 27-10-2017 alle 00:00 sul giornale del 27 ottobre 2017 - 5030 letture

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