De Santi, Aufreiter e gli Anni Urbinati di Raffaello, "qualcuno mi spieghi perché il convegno non si fa più"

4' di lettura 28/08/2019 - Una città distratta e frastornata dalla molta “fuffa” che circola sulle celebrazioni raffaellesche non ha prestato adeguata attenzione a quanto dichiarato il 18 agosto a “Il Resto del Carlino” dal prof. Floriano De Santi, stimato critico e storico dell’arte, un intellettuale che frequenta le eccellenze internazionali del settore, sulla cancellazione da parte del Direttore della Galleria Nazionale delle Marche, P.Aufreiter, del Convegno Gli anni urbinati di Raffaello.

Il progetto, sul quale De Santi ha iniziato a lavorare, insieme al prof. Giorgio Bonsanti, fin da maggio 2017 era stato sottoposto ad Aufreiter che lo aveva accolto con favore al punto da conferire nel luglio dell’anno successivo formale “incarico” per realizzarlo nel febbraio 2019. Un tempo congruo in considerazione del fatto che, attivati già da tempo i contatti, erano pervenute le adesioni di importanti studiosi di Raffaello, un vero e proprio Gotha di specialisti della cultura e dell’arte rinascimentali, tra cui Tom Henry, Linda Wolk-Simon, Sylvia Ferino-Pagden Paul Joannides, Carlo Bertelli, Andrea Emiliani, Claudio Strinati, Mina Gregori, Keit Christiansen, che si sarebbero confrontati su Gli anni urbinati di Raffaello.

Un’occasione unica per esplorare la connessione tra le primissime prove di Raffaello e i successivi sviluppi del suo classicismo in una equilibrata ricerca della bellezza e della luce che sembra scaturire dall’interno delle sue figure. Tra i primi dipinti urbinati da rivisitare criticamente De Santi richiamava l’attenzione sugli affreschi frammentari rinvenuti in una piccola cappella rotonda, di poco meno di quattro metri di diametro, a cupola emisferica a Ca’Giardino, nei pressi di Pallino, distaccati e restaurati da Silvestro Castellani, che nel 1969 richiamarono l’attenzione del prof.Alessandro Parronchi, sui quali si sarebbe esercitata la lettura di Bertelli riconosciuto specialista mondiale di pittura murale. E non solo perché sarebbero stati discussi altri importanti dipinti attribuiti a Raffaello da Andrea Emiliani, Pietro Zampetti, Federico Zeri e Piero Torriti, protagonisti indiscussi della critica d’atre italiana della seconda metà del Novecento.

Tutto, dunque, sembrava procedere per il meglio quando, ormai a pochi mesi dalla data programmata per il convegno, iniziava un fuoco di fila di ritardi, di ripensamenti e di inspiegabili silenzi di Aufreiter che dava l’impressione di voler interrompere ogni contatto con i curatori del Convegno. E qui provo a rispondere all’interrogativo formulato da De Santi al termine delle sue dichiarazioni al “Carlino”, “Qualcuno mi spieghi perché il Convegno su Raffaello non si fa più”, posto che non può essere presa sul serio la telegrafica risposta burocratica data da Aufreiter che il convegno era “un’idea, come tante altre che sono state proposte nell’anno di Raffaello, che non si è mai concretizzata”.

In realtà le “voci di dentro” offrono una narrazione che riconduce al fastidio provocato dal rigore intellettuale di De Santi - una qualità sempre più rara, sepolta dal pressapochismo e dalla cultura-spettacolo -, che correttamente rivendicava un autonomo valore ermeneutico per il suo Convegno che non doveva essere considerato come una semplice anticipazione dei temi affrontati nella retrospettiva raffaellesca Raffaello e gli amici di Urbino, curata da Silvia Ginzburg e Barbara Agosti. Giudicava inoltre inopportuna la presenza fra i possibili relatori della prof.ssa Anna Maria Ambrosini Massari, dell’Università di Urbino, in quanto componente del Comitato scientifico della Galleria che avrebbe dovuto esprimere un parere, sebbene consultivo, sul Convegno, una condizione che avrebbe potuto sollevare delle polemiche. Proponeva anche di non ricorrere a studiosi locali che non si fossero occupati di Raffaello perché il Convegno avrebbe dovuto avere un’impronta di alto profilo internazionale.

Un Aufreiter forse prigioniero di logiche che guardavano soprattutto a non compromettere equilibri consolidati con i suoi collaboratori del Comitato scientifico e incapace di arginare i malumori degli accademici? Questi, come è noto, spesso fanno coincidere la considerazione intellettuale con il presenzialismo in un ambiente dove occorre essere spregiudicati e sgomitare per conquistarsi posizioni di prestigio.

Se così fosse Aufreiter poteva risparmiarsi una scelta del genere e lasciare di sé un ricordo migliore, tanto più che De Santi e Bonsanti, a quanto pare, avrebbero accettato di incontrarsi con le curatrici della mostra che, persino nel titolo, ingenerava confusione con il Convegno compromettendo la valorizzazione di entrambi.

A questo punto chi sa parli e soprattutto si faccia qualcosa. Non è accettabile la cancellazione del Convegno che ha richiesto un lungo e faticoso lavoro preparatorio, l’impegno dei relatori e dopo che i curatori avevano ottenuto il patrocinio dei Presidenti delle Camere e della Presidenza della Repubblica. I fondi ci sarebbero e si potrebbe proporlo dopo la mostra su Raffaello e gli amici urbinati che terminerà il 19 gennaio 2020. Perché non nella primavera del prossimo anno, ad aprile, il mese in cui morì Raffaello?






Questo è un comunicato stampa pubblicato il 28-08-2019 alle 19:37 sul giornale del 28 agosto 2019 - 727 letture

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