I "talebani" a Urbino

2' di lettura 05/10/2022 - L’incredibile vicenda della amputazione della scultura conclusiva del campanile della Chiesa di Ca’ Staccolo, è stata recentemente ricordata all’Arcivescovo Mons. Giovanni Tani da una lettera di un cittadino urbinate. La vicenda risale a una decina di anni fa subito dopo la conclusione dei lavori esterni del tempio eretto sulla collina di Ca’ Staccolo.

Il completamento del campanile prevedeva una parte terminale costituita da una sfera di bronzo su cui svettava la croce e lateralmente, a destra di chi guarda la facciata, era prevista una espansione qualificata come satellite della terra. Il gruppo scultoreo è opera dell’artista Walter Valentini che ha curato anche la stesura grafica della pianta del tempio avvalendosi del progetto ideativo di Vincenzo Tiboni e Francesco Colocci. L’opera è stata montata intera, così come qui è descritto, e concludeva l’apice del campanile.

Qualche mese dopo, sembra per ordine del predecessore di Mons. Tani, viene amputato il braccio che sosteneva il globo minore (la luna). L’operazione è condotta nel totale arbitrio di chi ha preso la decisione e senza alcuna verifica presso la comunità parrocchiale. Anzi, la maggior parte delle persone non ha avuto neppure il tempo di percepire il “misfatto”, assolutamente vile, che deturpa un’opera d’arte.

A dire il vero è stato anche omesso il segno architettonico della grande sfera che doveva completare l’architettura della Chiesa in corrispondenza della cupola. Si sarebbe trattato di una sfera sospesa sopra l’altare come immagine ascensionale verso il cielo. Avrebbe dovuto rappresentare la terra degli uomini, la Gerusalemme terrestre, anelante al ricongiungimento con la Gerusalemme celeste.

Tuttavia questa omissione, per quanto grave, perché tradisce il disegno creativo dell’artista e degli ideatori, è meno grave della amputazione della scultura del campanile. Uno sfregio del genere è infatti paragonabile esclusivamente alla violenza che solo i “Talebani” hanno riservato alle opere d’arte con il pretesto della difformità a presunti principi dell’Islam. Nonostante l’incredibile silenzio della comunità di Ca’ Staccolo e della cittadinanza urbinate, il gesto non merita nessuna attenuante e si qualifica come violenza esercitata contro la creazione artistica.

Le stesse ragioni inducono alla necessaria riparazione e ripristino. Per ora l’Arcivescovo Mons. Tani, pur mostrando il suo disappunto, non sembra deciso a intervenire forse anche perché gli attuali responsabili del tempio appaiono poco inclini a una riflessione sull’argomento.

Francesco Colocci
Ermanno Torrico






Questo è un articolo pubblicato il 05-10-2022 alle 07:51 sul giornale del 05 ottobre 2022 - 392 letture

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