Rovinare Urbino

urbino deserta 3' di lettura 13/10/2022 - Basta poco per rovinare una Città. Basta poco per cancellarne la sua passione intima, la sua identità, la sua atmosfera. Ci vuole niente per annullare quell’alone che duplica i sensi ed aggiunge sostanza spirituale ad Urbino.

Basta una goccia. Una minaccia di pioggia che non pioverà mai. Una sedia che striscia sul pavimento. Un sorriso che non arriva e si dissolve prima di cominciare. La lentezza del tempo, la sua malattia, i suoi intervalli.

Basta poco per rovinare una città come Urbino. Piccola e precisa. Basta una distrazione, di sfuggita. Perché Urbino è diversa. Perché Urbino è desiderio. È non inciampo. Non è plurale, per tutti. Piuttosto per chi ama le soavità inquiete, i paesaggi lunghi, le sere d’estate. Eppure è proprio quando ci si è appena abituati al pensiero che basti poco, che Urbino è stata rovinata.

È bastato quell’attimo perché la città diventasse una indignazione, un ripiano per studenti e turisti senza abitanti. Un indispensabile garage a cielo aperto il più grande al mondo, senza ricovero e custodia di natanti in assenza di acque di mare. È bastata la fragranza di un Sindaco macchinedappertutto, la sua riprovevole quanto indegna delega alla Cultura, i problemi nei suoi pensieri, le sue disfunzioni, nessuna comprensione, nessuna consapevolezza, tanto i Torricini non ce li porta via nessuno, a segnare l’inizio del rovescio.

Ed ora che Urbino è rovinata, che la vita urgente la schiaccia su una modernità spavalda dove le porte della Città sono diventate varchi, dove la Piazza è diventata il centro logistico della distribuzione delle merci, ora dovremo chiederci a cosa serve una città. A cosa serve un Sindaco, un Assessore alla Cultura, un Rettore, un Direttore del Palazzo Ducale, un Presidente dell’Accademia Raffaello. A cosa serve un amore se non ci completa mai. Se ci lascia sempre sospesi tra il desiderio ed il lutto di una perdita.

La Città, l’Università, il Sindaco, il Rettore, l’Assessore alla Cultura, un Direttore, un Presidente dovrebbero provvedere a dare qualità alla vita di una collettività. L’amore dovrebbe procurarci felicità. Essere salvifico. Guarirci sempre. Ogni volta. Ma come potranno costoro se hanno amore solo per se stessi in dosi sproporzionate e grottesche. Tutte trattenute tra le pieghe delle loro camicie e mutande in un ristagno sudaticcio che nega ogni prodigalità verso l’esterno, lasciando a noi l’impazienza del poco e niente.

Deve bastarvi la Festa del Duca come evento culturale dell’anno, ci hanno detto. Deve bastarvi sapere che la gru fuori porta S. Lucia non è pericolosa. Che il torrione di S. Chiara non cadrà. Che il centro Fiere e l’Archivio di stato a Canavaccio sono necessari ad Urbino, che il paesaggio senza bitume era monotono, che la Polizia Locale era un eccesso, che i segnali stradali sono indifferenti, che i neolaureati possono usare la piazza come teatro delle loro oscenità, che l’inutile Casa di Raffaello si può affittare a qualche studente riccio di capelli e che le mostre a Palazzo Ducale debbano essere allestite con particolare attenzione al seicento che scandisce la fine certa della pittura.

È bastato tutto questo, questo strascicare di scarpe sul pavimento, questo vagamente eccitante raccattare panni sporchi, il non salire sugli autobus pubblici, il non camminare a piedi addizionato al discorrersi addosso con una certa disperazione in assenza di visioni a rovinare Urbino. È bastato il non parlarsi delle Istituzioni. Il non convergere su un obbiettivo comune. Quell'andare presuntuoso di ognuno nell’appezzamento del proprio orto. Lasciando la Città dentro un conflitto acerbo, dolente e plebeo, tra bellezza e rassegnazione lamentosa di qualcosa che avrebbe dovuto essere evitato. Sarebbe bastato poco.






Questo è un articolo pubblicato il 13-10-2022 alle 07:27 sul giornale del 13 ottobre 2022 - 1184 letture

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